Telecamere con rilevamento audio: limiti all’utilizzo come prova in giudizio

Articolo pubblicato sul numero 36 -2015 della Rivista A&S ITALY -Tecnologie e Soluzioni per la Sicurezza Professionale.

Poniamo la situazione in cui si abbia il fondato timore che l’anziano genitore, lasciato alle cure di un collaboratore familiare generico, sia vittima di maltrattamenti o di violenze. Al fine di cogliere la flagranza dell’atto, per provare l’accaduto e supportare l’eventuale, successiva, denuncia querela, si vedrebbe di facile realizzazione un’acquisizione in autonomia delle prove.
Poche mosse per il posizionamento ed occultamento della telecamera, ad opera del tecnico a cui abbiamo chiesto l’intervento, e l’indagine casalinga ha inizio. Ma la questione è meno facile di quanto possa apparire. Meglio fare il punto su quando, quanto e in che modo possa essere lecito utilizzare le rilevazioni audiovideo come prova in tribunale.

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L’acquisizione di riprese visive di atti comunicativi (si tratta di comportamenti finalizzati a trasmettere il contenuto di un pensiero con la parola, i gesti, le espressioni fisiognomiche o altri atteggiamenti idonei a manifestarlo) costituiscono captazione di messaggi fra presenti: sono quindi intercettazioni e sottostanno alla relativa disciplina.
Con il termine “intercettazione” si intende lo strumento processuale attraverso il quale l’autorità giudiziaria capta e registra conversazioni che avvengono fra altri soggetti. Nel caso qui in essere di c.d “intercettazioni ambientali” il contrasto giurisprudenziale sviluppatosi negli anni si è incentrato sulla legalità, e quindi sull’utilizzabilità della prova acquisita (si badi bene: senza l’autorizzazione del magistrato inquirente) attraverso la captazione di immagini in un luogo di privata dimora. L’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. Sez. Unite 28/07/2006 n. 26795) ha sciolto l’intricato nodo negando la valenza probatoria solo alle videoregistrazioni effettuate in luogo di privata dimora quando le stesse non sono state effettuate con l’autorizzazione del Giudice (nulla quaestio invece in merito alle videoregistrazioni in luogo pubblico). Infatti, solo innanzi all’autorità giudiziaria, il principio garantito di cui all’art. 14 della Costituzione, sulla c.d. inviolabilità del domicilio, si china per lasciare agio alla perseguibilità di determinati reati (come sancito dall’ar t. 266 codice di procedura penale relativo ai così detti “limiti di ammissibilità”).
Tant’è che, al fine di poter procedere ad un’intercettazione (qui ci limitiamo a tenere in considerazioni solo il caso di quella ambientale) è necessario che il Pubblico Ministero richieda l’autorizzazione al Giudice per le Indagini Preliminari il quale, in presenza di gravi indizi, ne dichiara la disposizione con decreto motivato.
Tale garanzia è dettata dal fatto che l’intercettazione delle comunicazioni inter praesentes si realizza grazie all’introduzione, necessariamente clandestina, in abitazioni ed in altri luoghi di privata dimora di strumenti atti all’ascolto ed alla registrazione. La limitazione, come sopra descritto, così arrecata alle libertà di rango costituzionale di manifestazione, segretezza e domicilio, trova giustifi cazione nelle superiori esigenze di giustizia (fra tutte Cass. Sent. n. 9370/1994). Solo (ed esclusivamente) in caso di assoluta urgenza l’intercettazione può essere disposta direttamente con decreto del Pubblico Ministero. Tale decreto dovrà essere, entro 24 ore, comunicato al Giudice per le Indagini Preliminari il quale, a
sua volta, entro le successive 48 ore, dovrà convalidarlo a pena di inutilizzabilità delle prove raccolte.

AMMISSIBILITÀ DELLA PROVA

In estrema sintesi: la Corte, nell’ambito della sovra citata sentenza, ha sancito un principio fondamentale secondo il quale le videoregistrazioni effettuate in luoghi di privata dimora non sono prove ammissibili (salvo sempre il caso di intercettazioni intese come strumento processuale) in quanto vietate dalla legge che tutela, in maniera par ticolare, la privacy domestica. Ecco allora che, riprendendo l’esempio posto a premessa della nostra trattazione, nessuna captazione di immagini, con rilevamento audio delle eventuali conversazioni in corso, se priva dell’autorizzazione dell’autorità inquirente, potrà essere acquisita dal privato cittadino. Ma, sebbene possa essere di facile intuizione, appare doveroso porre in evidenza, in queste ultimissime battute, l’eccezione ammessa! Infatti la registrazione, ad esempio, di una conversazione, sia telefonica che tra presenti, da parte di uno degli interlocutori, non necessita l’autorizzazione del Giudice per le Indagini Preliminari, ai sensi dell’ar t. 267 codice di procedura penale. In tale ipotesi, infatti, viene meno l’esigenza di tutelare la riservatezza ed ogni interlocutore diventa, lecitamente, un potenziale testimone che compie attività di memorizzazione, mediante apposito strumento, di notizie che apprende dall’altro (fra tutte Cass. Sez. I, n. 3023/1996, Cass. n. 7239/1999, Cass. n. 36747/2003, il cui principio guida sancisce che: “la registrazione audio e video – anche segreta – non è un reato se a farla è un soggetto
presente alla conversazione”).

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